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Impressioni di Silver Flag
Devo confessarlo: sono arrivato all’appuntamento con la Silver Flag quasi del tutto impreparato. Una scelta voluta. Un po’ come quando si aspetta la proiezione di una pellicola e si decide, volontariamente, di restare all’asciutto alla voce trailer e recensioni della critica per non arrivare in sala con un’aspettativa macchiata.
Erano due anni che a Castell’Arquato non si respirava un’aria carica di ottani e meraviglia: il paddock che si spalanca di fronte ad appassionati e fotografi offre un colpo d’occhio colmo di storia del motorismo – come nella consuetudine della Silver Flag – che, seppur più limitato nei numeri rispetto alle precedenti edizioni, non lascia deluso nemmeno il palato più raffinato.
Le rare foglie che si posano leggere sulla carrozzeria delle auto in attesa della partenza verso Vernasca aumentano forse il tasso nostalgico di chi si aggira catturando attimi e inquadrature di telai e cruscotti: l’estate sta per pagare il suo tributo all’autunno incipiente, nonostante un tepore che ricorda giugno, mese solitamente destinato ad ospitare auto ed equipaggi all’ombra della rocca.
Aggirandosi tra i vari equipaggi può capitare di incrociare il cappello bianco da cowboy di Arturo Merzario, storico pilota di Formula 1 per citare solo la sua parentesi più celebre, che non disdegna di scambiare due chiacchiere con i presenti. Fra chi effettua gli ultimi controlli, chi avvia i motori salendo di giri e qualcuno che si dedica agli ultimi ritocchi al parabrezza c’è lo spazio per un paio di battute anche per chi – magari per la prima volta – si ritrova di fronte ad automobili che hanno lasciato un segno nelle competizioni o impresso una rivoluzione nello stile.
Il bello della Vernasca Silver Flag è proprio questo: per un fine settimana anche il neofita ed il curioso possono scoprire aneddoti e particolari unici nel loro genere. Ma la magia non termina qui perché tra i fumi della benzina che si fanno a volte intensi, altre quasi impercettibili, anche il rettilineo di partenza – che chi risiede nella provincia di Piacenza conosce nella stragrande maggioranza dei casi a memoria – lascia immaginare i successivi tornanti della salita verso l’arrivo. Le eco degli scarichi che si fa sempre più lontana spinge a proiettarsi oltre con lo sguardo e la creatività. E a ritornare.
Sì, perché nonostante di quel rettilineo si conoscano ormai anche il numero di avvallamenti e la loro esatta collocazione qualcosa spinge a ritornare ancora una volte alle porte del paddock. Per una foto che magari era già stata scattata soltanto il giorno prima, per scambiare un semplice “buongiorno” con un pilota di cui si ricordano il nome ed il numero alla partenza. E resta un pensiero fisso che non sbiadisce come una lacrima d’olio finita sull’asfalto: riusciremo ad aspettare un altro anno per la prossima edizione?