L'editto-riale
Pebble Beach: il mercato sale, ma non per tutti…
Parafrasando uno slogan anni 80 che forse qualcuno ricorda, le recenti aste di Pebble Beach sono tornate a segnare dei world record dopo qualche anno di incertezze. O forse no. In realtà quello che si è visto a Monterey nella settimana più “in” dell’anno (per l’auto da collezione) è la conferma di un trend che ha cominciato a consolidarsi a partire dal 2015 quando un po’ di saggezza è entrata nel nostro mondo di pellame, ruggine e cavalli (veri). Insomma, quello che appare sempre più accomunare gli incanti del mondo dell’auto d’epoca è un leit motive semplice, efficace, vero e valido per tutti: se l’auto merita si vende sempre e nel duello la spunta come al solito chi offre di più. Così è il caso di prezzi assurdamente divaricati per esempio tra due AM DB6 dove la più prestante versione “Vantage” ha raggiunto la cifra piuttosto interessante di 808 mila dollari contro i 240 mila dell’altra “normale” in vendita da RM. Al di là della versione, la prima era impeccabile, la seconda mostrava qualche segno di vita vissuta, tuttavia nulla che quasi 600 mila dollari non potessero ripristinare. Mettersi in casa una versione pompata e subito pronta evidentemente ha convinto i duellanti a battersi a colpi di centinaia di migliaia di dollari piuttosto che iniziare un percorso di restauro di una versione “normale” che avrebbe potuto riservare non pochi grattacapi. Roba, questa, per appassionati insomma. Altro esempio calzante di quanto l’esclusività possa pagarsi cara anche nell’Olimpo delle auto leggendarie, è quello dell’F40 di Gooding che ha macinato un prezzo di aggiudicazione (2,892 milioni di dollari) quasi doppio di quello, onorevolissimo, raggiunto dall’esemplare in vendita da Bonhams, per di più Classiche certified.
La prima è accreditata per 2500 miglia da nuova, la seconda per 16000 miglia da nuova. Probabilmente si videro anche in fabbrica in fase di costruzione, la prima è infatti la numero 209, la seconda la numero 202 delle vetture costruite per il mercato americano. Cosa può giustificare un maggior esborso di quasi 1,2 milioni di dollari? La rarità? No, l’F40 non è di per sé una macchina così rara da tentare l’”ora o mai più“ a questi livelli. O meglio si, la macchina di Gooding è in effetti rara, rarissima, praticamente unica e l’unicità comanda il prezzo più alto che le nostre tasche possono permettersi. Unico proprietario, kilometraggio inesistente (forse che il vincitore dell’asta abbia voluto dare una nuova chance alla povera F40 di essere finalmente guidata?), un set di valigie dedicate, probabilmente anch’esse nuove, e tantissima storia in dotazione ne hanno fatto probabilmente la perfetta “once in a lifetime occasion” che ha suscitato la caparbietà dei partecipanti in sala.
La differenza tra le due vetture, a cui si aggiunge la terza F40 venduta da RM , non riguardava quindi la vettura in sé (ad eccezione del kilometraggio evidentemente) bensì il suo corredo storico: chi l’aveva voluta, dove era stata, la corrispondenza con la fabbrica, le sue compagne di infiniti pomeriggi in garage, etc. L’auto di RM venduta per 2,4 milioni e quasi 2600 miglia di percorrenza complessiva, aveva una storia abbastanza ordinaria e “noiosa” se confrontata con l’altra di Gooding e infatti ha spuntato 500 mila dollari in meno. Molti diranno che vendere tre F40 durante lo stesso evento può essere penalizzante, in realtà non lo è stato e il prezzo di aggiudicazione di tutti gli esemplari proposti rispecchiano le caratteristiche e il corredo storico di ciascuno.
Il mercato si sta muovendo sempre di più in questa direzione, le vicende umane e meccaniche si intrecciano in un tutt’uno fatto di emozioni, desideri e duelli per accedere al mondo esclusivissimo dell’intangibilità della storia che porta gli acquirenti di due esemplari apparentemente identici a lasciare sul piatto cifre decisamente diverse. L’esperienza umana in cui la storia della vettura si colloca, è sempre più spesso un driver di interesse che porta molti appassionati, i più attenti forse, a non limitarsi a considerare la vettura in sé ma andare oltre per accaparrarsi anche qualche pagina di storia altrui legata all’automobile e da questa inscindibile. D’altra parte, perché pagare quasi 400 mila dollari il cambio della Porsche di James Dean se non per il disperato tentativo di connettersi con il mito attraverso la sensazione delle ultime cambiate prima del baratro?