Marchi del passato
Iso, Bizzarrini e De Tomaso, ieri oggi e domani
Ormai sembra ufficiale, anche il marchio Bizzarrini dovrebbe tornare a brillare su un’automobile di (piccola) serie.
I marchi del passato esercitano un fascino particolare perché ci raccontano storie, epopee molte volte, di personaggi e aziende protagonisti di parabole professionali e produttive estremamente affascinanti. I tentativi fatti fino ad oggi non hanno avuto molta fortuna, per esempio quella della Isotta Fraschini che sembrava destinata a nuova e splendente luce e che al contrario ha concluso la sua brevissima esperienza dopo appena qualche vettura prodotta. Era sbagliato il prodotto? Forse no. La Fissore aveva rilevato il marchio nel 1993 incaricando Tom Tjaarda, allora in forza alla carrozzeria piemontese, di disegnare due vetture la T8 e la T12 (mantenendo la tradizione di indicare il numero dei cilindri) equipaggiate con motore Audi. Quando la casa tedesca uscì dalla collaborazione, la Isotta Fraschini dichiarò bancarotta e il celeberrimo marchio milanese protagonista degli anni ruggenti del ’20 e ’30 venne successivamente acquistato da altri imprenditori con finalità ancora da svelare. Altra epopea mirabolante quella della Bugatti che il patron Romano Artioli ha meticolosamente descritto nel libro uscito qualche mese fa, esperienza straordinaria apparentemente terminata a causa di interessi e intrighi degni di un thriller internazionale. La Bugatti ha ritrovato però una sua posizione nella storia, finanziata da un colosso senza problemi di cassa, in Francia, come da tradizione, e presente sul mercato con vetture all’altezza della sua leggenda.
I marchi italiani Ferrari, Lamborghini e Maserati non hanno mai cessato la produzione, rimanendo sempre presenti sul mercato, fondamentalmente perché sono stati salvati sempre prima del tracollo, Ferrari da Fiat, Lamborghini dai fratelli Mimran che la comprarono per 3,85 miliardi di lire nel febbraio del 1980, la Maserati da Alejandro De Tomaso dopo l’abbandono di Citroen. Gli affari non sempre sono andati bene e spesso anche gli irriducibili hanno capitolato. Riflessione a margine: forse anche per Alitalia c’è una speranza!
Per Iso Rivolta, Bizzarrini e De Tomaso non ci sono stati salvataggi e le rispettive aziende hanno chiuso, in tempi diversi, i battenti. La chiusura tuttavia non ne ha compromesso l’immagine, gli elementi identitari dei marchi sono rimasti vividi e impressi nella memoria perché anche se per breve tempo, l’entusiasmo, la magia e le imprese sportive hanno cristallizzato, nell’immaginario degli appassionati, ricordi indelebili.
Che la sorte della Iso Rivolta venisse presa in mano dalla Zagato era quasi scontato, o meglio era silenziosamente auspicato. Marella Rivolta, nipote del fondatore Renzo Rivolta, ha sposato Andrea Zagato dell’omonima carrozzeria milanese. L’ heritage del marchio, i valori fondanti del marchio Iso Rivolta, è attualmente incarnato dalla IsoRivolta GTZ interpretazione attuale della Iso A3C che nel triennio 1963-1965 ha corso e vinto così tanto. 19 sono le A3C prodotte dalla Iso prima di cedere il progetto a Giotto Bizzarrini nell’ambito dell’accordo tra Renzo Rivolta e l’ingegnere livornese, e 19 sono nelle intenzioni di Zagato le IsoRivolta GTZ che verranno prodotte in attesa del lancio, attesissimo, dell’altra IsoRivolta a super prestazioni, la leggendaria Grifo previsto nel prossimo futuro.
Riflessione a margine: forse anche per Alitalia c’è una speranza!
Lasciata la Iso Rivolta, Bizzarrini seguitò a produrre la A3C con il proprio marchio e il nome Grifo che poi cambiò in 5300 GT a seguito degli accordi con la casa di Bresso. Giotto Bizzarrini produsse 133 vetture 5300 Strada prima di chiudere i battenti nel 1969 e partecipò alle più importanti competizioni dell’epoca. Sorte meno fortunata per l’altro modello del testardo ingegnere livornese la P538S di cui ne sono state prodotte pochissimi esemplari, probabilmente solo due, e la “baby Bizzarrini” la 1900 Europa in appena 17 esemplari. Bizzarrini e Iso Rivolta sono legati a doppio filo ma ognuno ha poi seguito la propria strada, la Iso concentrandosi sulla produzione di vetture, Bizzarrini con le corse capitalizzando entrambi gli obiettivi raggiunti durante la partnership. La Iso Rivolta tornò alle corse con l’esperienza in Formula 1.
De Tomaso invece è un marchio “sofferto”, una casa automobilistica che ha provato a cimentarsi in tutto disperdendosi in tanti rivoli. Sin dagli albori nel ’59 la casa automobilistica di Alejandro e De Tomaso e Isabella Heskell ha spaziato dalle competizioni alla produzione di serie, dalla progettazione in house dei singoli componenti all’accordo con Ford che in un attimo ha fatto la fortuna del brand e del suo titolare. A differenza di Iso Rivolta e Bizzarrini, la De Tomaso non ha avuto una fine veloce, di quelle che regalano l’eternità, è finita per consunzione. Dopo l’acquisizione della Maserati, De Tomaso si concentra sulla casa del Tridente e la “sua” fabbrica di automobili sportive ne risente. Non si fanno investimenti, i modelli vanno piano piano a concludere la loro vita industriale con pochi esemplari venduti negli ultimi anni di permanenza in listino. I tentativi di rinascita con la nuova Mangusta finiscono presto con il subentro nel progetto della Qvale che produrrà poi in proprio nel nuovo stabilimento di Modena. Si susseguono iniziative di joint venture con la UAZ, l’idea di un nuovo stabilimento che tuttavia non vedrà mai la luce. Gli anni passano, i rovi crescono e lentamente si spengono le luci senza che tuttavia si spenga la passione delle migliaia di entusiasti del marchio bianco-azzurro tenuto vivo con eventi in tutti il mondo. La De Tomaso, proprio per la sua lunga agonia di sopravvivenza avrebbe potuto collocarsi in quel segmento heritage, i cui albori già nel 2003 potevano intravedersi, e che con un po’ di lungimiranza avrebbe potuto assicurarsi un nuovo e brillante posto nel mondo dell’automobilismo sportivo d’epoca. Tutto questo non c’è stato e in punta di piedi lo stabilimento è stato abbandonato, la gente in gran parte ricollocata nell’orbita della Motor Valley e il marchio ceduto a più riprese senza che nulla riprendesse vita. Divenuto di proprietà della Apollo Automobili nel 2014, nel 2019 è stata presentata la P72, nel nome anche il numero degli esemplari programmati, che però fatica a concretizzarsi come realtà. Dapprima la produzione doveva essere in Gran Bretagna, poi spostata negli USA in omaggio alla tradizione che vede la motorizzazione fornita da Ford.
Giotto Bizzarrini produsse 133 vetture 5300 Strada prima di chiudere i battenti nel 1969.
La forza dei brand, anche e soprattutto in ottica evolutiva, si fonda sul territorio. Sradicare una realtà che ha costruito il suo mito su un territorio specifico diviene simbolicamente più debole, viene a mancare di punti di riferimento e per di più se nel frattempo ha attraversato chiusure e vicende alterne. La De Tomaso è per il mondo intero sinonimo di Modena, collocarla altrove significa rinunciare all’evocatività del territorio che è ciò che con immutata forza sposta migliaia di appassionati all’anno per visitare i luoghi dove tutto è iniziato. L’anima ha un posto preciso dove stare.
La scelta di Zagato di legare la GTZ a Milano sottolinea proprio questo, la IsoRivolta può sfruttare compiutamente la forza del suo marchio se è legata a Milano. Le scelte che verranno fatte dal management della nuova Bizzarrini, manager di lunga esperienza in Aston Martin in forza alla Pegasus Automotive sono ancora ignote, anche se sembra che di Livorno non si parlerà preferendo Londra o Kuwait City.
È evidente che le scelte di far rivivere questi marchi è dettata e sostenuta da opportunità di business anche se ognuna di queste per avere successo dovrà avere una propria identità che non necessariamente dovrà essere quella del passato; se ne potranno costruire anche una nuova, specialmente per chi sceglie di non avvantaggiarsi del legame territoriale. L’ “avviamento” del marchio è composto da tanti fattori che contribuiscono con peso diverso al fascino del marchio stesso. Il “Magic of the name” di queste realtà industriali in procinto di ripartire sotto forma di prodotti che in un qualche modo si rifanno ai modelli di maggior fascino del passato fa leva su quanti oggi vogliono provare la soddisfazione di guidare auto leggendarie interpretate in chiave moderna che possano garantire la adrenalina e lo stesso trasporto emotivo delle loro antesignane. L’emozione però è qualcosa che smargina dalla razionalità, parla al nostro lato più dionisiaco ed è un’alchimia tutt’altro che facile da replicare.