Marchi del passato
De Tomaso, visto da vicino. Parte 1
Della vita di Alejandro De Tomaso come imprenditore si è scritto tanto, si è detto tanto. Di Alessandro, quasi nulla.
Quando si parla di De Tomaso si pensa immediatamente all’imprenditore spregiudicato, senza troppi scrupoli pronto a sfruttare a proprio vantaggio qualsiasi occasione si presenti. In questa frase ci sono forse due errori, facciamo quindi un passo indietro. Alejandro De Tomaso arriva in Italia dall’Argentina per ricostruirsi una vita e sceglie l’Italia non per questioni sentimentali ma perché l’Italia era per lui la carta d’imbarco per il successo. Comincia ben presto a gravitare intorno alle corse, con la Osca dei Fratelli Maserati instaurò un sodalizio che durò fino alla loro morte, Alejandro ebbe sempre una grande ammirazione, rispetto e riconoscenza verso di loro che gli avevano dato fiducia, prima come meccanico e poi come pilota.
Nelle corse De Tomaso conosce la moglie, Elisabeth Haskell con la quale condivide le sfide più emozionanti dalla Carrera Panamericana a Le Mans, alla vita. I primi anni a Modena furono per la coppia De Tomaso-Heskell molto duri, Alejandro stesso raccontava che con la moglie erano costretti a bere dalle fontane pubbliche per placare la fame. Era stato ricco, ricchissimo e voleva tornare ad esserlo: le corse prima e la costruzione di automobili poi erano solo un mezzo per riemergere. Elisabeth era discendente di una famiglia della borghesia industriale che aveva fondato negli USA un’azienda quotata in borsa, la Rowan Industries, fornitrice della Ford; questa “connection” rappresenta una grande opportunità che Alejandro non si lascia certamente sfuggire. La famiglia di Elisabeth non vedeva di buon occhio la passione della figlia per le corse e cerca di ostacolarla in tutti i modi, al punto di lasciarla senza denaro – anche se non le farà mai mancare una rendita con cui all’inizio finanzierà le imprese Alessandro – per costringerla a fare ritorno negli Stati Uniti. Lei non cede. Isabella, come si farà chiamare da tutti in Italia, convive con il carattere del marito sempre con garbo e compostezza, lasciandosi ogni tanto andare a pianti forse più di rassegnazione che di altro. Alessandro vede nell’Italia una miniera di opportunità, il sistema Italia glielo consente e lui vede la chiave per il successo nel cogliere le opportunità che via via si presentano.
Ha grandissime ambizioni, il suo “target” è “Giannino” Agnelli, del quale non ha stima, ne invidia il potere. Cerca di stuzzicarlo, di farsi vedere, di frequentare gli stessi posti, insomma di esserci. Nelle uscite in barca cerca l’ormeggio vicino all’Avvocato, lo studia, lo sfida, rappresenta l’obiettivo da costruire e raggiungere. Le amicizie più influenti, quelle per realizzare il suo sogno di grandezza e ricchezza – che però non è un sogno imprenditoriale – le coltiva oltreoceano. Questo è il mercato dove Alejandro punta a vendere migliaia di automobili, stringe una profonda amicizia con Lee “Lido” Iacocca che durerà molti anni al punto da fargli acquistare una tenuta in Toscana.
La carriera di De Tomaso è una carriera di relazioni, non è un imprenditore tout-court ma ha tanta voglia di fare. Non gli interessava la strategia imprenditoriale, il lavoro sul prodotto, il miglioramento continuo, l’approccio metodologico e rigoroso. Bisognava fare, dovevano fare, gli altri dovevano risolvere il problema. La sua era quasi un’ ansia di fare, di far vedere di fare, di far vedere di saper fare. Nei primi anni ’70 Alessandro invita Piero Rivolta a pranzo e gli chiede di raggiungerlo alla Guzzi per mostrargli un nuovo modello. Si incontrano nell’ufficio di De Tomaso da cui attraverso un vetro si vedeva la sala riunioni. La sala si stava popolando di persone, Alessandro conferma il pranzo e chiama la segretaria chiedendole di portare nella sala riunioni, oramai al completo, quanto le aveva poc’anzi affidato. Dal vetro, racconta Rivolta, la vede entrare con un vassoio d’argento colmo di cambiali ricevute in pagamento a fronte della vendita di alcune moto, a seguire entra Alejandro. I presenti erano banchieri ai quali De Tomaso disse di spartirsi le cambiali per l’anticipo in quanto, qualora non avessero accettato, “là fuori gli operai sanno che siete qui e che se voi non le scontate io non potrò pagargli gli stipendi, e in questo caso non so se riuscirete ad uscire. Io vado a mangiare con il mio amico”. De Tomaso aveva l’idea, predisponeva le condizioni perché le cose potessero succedere, agli altri l’onere di risolvere i problemi e mandare in produzione quanto stabilito.
De Tomaso studia sempre le persone che ha davanti, non a caso era un profondo conoscitore della biografia dei Papi, il suo unico pilota ufficiale – Franco Bernabei – ricorda la grande abilità di Alessandro nell’inquadrare l’interlocutore; pochi gli andavano a genio e agli altri si sforzava di risultare antipatico. Amava le persone brillanti e i più grandi grattacapi glieli hanno dati i dipendenti e, con loro, i sindacati.
Sul finire degli anni ’70 attracca vicino Talamone con l’amico Bernabei per vedere Piero e Lele Rivolta, e passare qualche giorno nella loro tenuta Quando arrivò alla tenuta, un gruppo di turisti stava tornando da una passeggiata a cavallo e Alessandro disse loro di essere un grande cavaliere; non parlava mai di lavoro fuori dal contesto non faceva nulla per farsi riconoscere. Gli stessi amici, conoscendo l’indole di Alessandro pensarono volesse solamente stupire gli ospiti e quasi senza nemmeno toccare il cavallo salì in sella per un’esibizione spettacolare che ancora è vivida nella memoria dei padroni di casa. Lui era al centro della scena, era sul palcoscenico, su il sipario!
Franco Bernabei, lo ricorda come un testardo che tuttavia non si concentrava mai su un obiettivo ma solo sulla strategia. Molto ambizioso, una brava persona, un maestro di vita che gli insegnò come tenere sempre il coltello dalla parte del manico. I tempi delle corse erano duri, i budget risicatissimi impedivano di investire in qualità e l’obiettivo di Alejandro era quello di farsi notare rimanendo in testa per qualche giro. A volte mancavano i soldi per i ricambi, a volte quelli per fare un regalo al proprio pilota dopo una gara emozionante: “Franco, se ti faccio un regalo io e Isabella non possiamo poi rientrare a Roma”. Il successo come imprenditore era lo strumento per tornare ricco e la vendita della Ghia alla Ford lo catapultò tra i miliardari.
L’aereo è il mezzo di trasporto che preferisce, ne acquista subito uno, ma la barca è quello che lo emoziona. I De Tomaso con i Rivolta trascorrono molte estati in barca e nella memoria di Piero, una in particolare, è rimasta scolpita. Alessandro è in coperta, ama cucinare anche se con risultati modesti, mentre Piero è al timone. I due si avvicendano ai comandi, Piero segnala a Alessandro uno scoglio affiorante sulla traettoria da li a qualche miglio. De Tomaso non ci crede e prosegue a dritta, le mappe, dice, “le hanno fatte a Mosca”. Piero esorta l’argentino e di fronte all’ennesimo no si prepara con la moglie Lele per buttarsi dalla barca con le poche cose che riuscivano a prendere. La presenza dello scoglio era evidente, l’increspatura dell’acqua ne tradiva l’esisteva ma lui proseguiva verso la catastrofe. Isabella è in lacrime, gli amici pronti a buttarsi: la sfida non è più col mare ma con gli amici. Chi cederà per primo? Piero ricorda una violentissima virata a dritta e Alessandro che dice, “hai ragione, c’è uno scoglio, continua tu”. Che Piero avesse ragione forse non era mai stato in discussione, a lui interessava stressare il rapporto fino al punto di rottura per scoprire chi era l’altro. Doveva probabilmente trovare una qualche forma di intima soddisfazione nel mettere in difficoltà chi gli era vicino, salvo poi ammettere l’evidenza. Non dava nessuna importanza all’immagine di sé che mostrava, la sua intelligenza era out of question, l’esperimento era misurare quella degli altri e la rispettiva capacità di resistenza.
Un fine settimana accompagna Piero e Lele Rivolta in Toscana, alla guida della Iso Fidia siede il giovane patron della casa di Bresso. Nei pressi di Arezzo vengono fermati da una pattuglia dei Carabinieri che contestano a Rivolta l’uso della targa prova. Piero cerca di convincere il carabiniere che lui è il costruttore dell’auto che guidava, il militare è irremovibile. Esaminati i documenti si convince che Piero è il Rivolta della Iso Rivolta e con tante scuse lo lascia ripartire. De Tomaso coglie l’occasione per contestare a sua volta l’atteggiamento permissivo del carabiniere. “Ma cosa fa lo lascia andare? Gli faccia la multa!” sbottò Alessandro, serissimo davanti a un attonito Rivolta.
Ha mai visto De Tomaso guidare? Chiedo a Piero. “No, mai! Anche se quando voleva essere certo di arrivare, so che guidava una Iso Rivolta!” il sorriso tradisce la fierezza del costruttore, ma questa è un’altra storia.
Si definiva americano, ma forse era solo una strategia di marketing. Negli Stati Uniti sapeva di avere molte meno chances che in Italia, troppe regole da rispettare. L’Italia di quegli anni era il miglior compromesso per chi voleva fare, un Eldorado in cui molto se non tutto era possibile.
“DeTomaso faceva di tutto per risultare antipatico, era un suo modo di essere. Ma in fondo era una brava persona in continuo conflitto con la vita per emergere sempre di più”, Franco Bernabei ha gli occhi lucidi, ricordi di una vita.
William Ellis
6 Agosto, 2015 at 23:49
Thanks you for writing this, my uncle was a complicated person, yet was always very nice to me and my siblings. I have many fond memories of those times in August at the Rivolta’s house, and the great meals that were cooked.
Manuel Bordini
10 Novembre, 2015 at 13:04
Thank you William for sharing these memories with us
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