Art
Intervista a Gabriele Poli – Angeli di periferia
Sono nato nel 1957 a Baggio, ora periferia di Milano, in un territorio marginale rimasto per molti anni sospeso tra città e campagna.
Credo che ciò abbia favorito una certa mia eccentricità nel vedere il mondo.
La mia vocazione artistica nasce osservando mio padre dipingere e privilegiare un certo sistema comunicativo. Nel 1979 mi diplomo all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Attratto poi dal futurismo “biologico” di Umberto Boccioni e l’infinita malinconia cosmica di Osvaldo Licini , sviluppo quindi un mio linguaggio personale.
Spero che chi si accosta alle mie opere si possa rendere conto di quanto infinito si possa racchiudere semplicemente nello spazio materiale di un gesto. Fare arte per me è ricevere stimoli, raccogliere suggerimenti, stare in disparte ma non sconnessi.
Cercare di trasformare per quello che ci è possibile tutta questa negatività che ci sta intorno .
Cerco di essere sincero e oggi non è facile. Nelle mie opere più recenti il manifestarsi di un soggetto figurativo più esplicito ha tolto in un certo senso il carattere poetico che conferivo alla matericità informale delle mie prime opere degli anni ’90.
I cicli ‘Tappe cromatiche’ con la rappresentazione di corse ciclistiche, degli ‘Angeli di periferia’ con il disagio e l’emarginazione , i ‘Muri’, i ‘Territori dell’amore’.
Percorsi nei quali tendo a includere sempre il fattore dinamico del sentimento e dello stato d’animo, affiancato ad una continua ricerca dei materiali, sempre però per una necessità comunicativa. Tutti i materiali utilizzati nel processo creativo anche quelli inusuali,debbono sempre essere finalizzati alla efficacia della comunicazione.
L’opera d’arte deve essere sempre in grado di evocare un sentimento o trasmettere un’ idea all’osservatore.
Questo è ciò che tendo ad insegnare anche ai miei allievi durante l’attività didattica che svolgo.