Auto
Collezione di tesori nella campagna modenese
Una delle sensazioni più belle che sperimento da appassionato di auto storiche è la palpitazione che accompagna la scoperta, non solo inaspettata ma anche inimmaginabile, di autentici tesori in luoghi talmente discreti da essere inverosimili.
Il mondo delle auto storiche, lo constatiamo tutti i giorni, è fatto di barn find più o meno autentici o veromili, aste milionarie non sempre trasparenti ed al riparo da tentativi più o meno truffaldini di certi venditori senza scrupoli (basti qui ricordare il caso della Iso Grifo all’asta a Essen, spacciata per essere il telaio #001 ovverosia il prototipo della Bertone), venditori alla ricerca di qualcuno a cui piazzare esemplari, spesso modestissimi, a prezzi stellari ma anche di tanti appassionati che con cura, sacrificio e dedizione, tutelano, gestiscono e promuovono una non trascurabile porzione della cultura motoristica italiana proteggendola in molti casi dalla decimazione verso l’estero e rendendola fruibile alla collettività attraverso la partecipazione a raduni, eventi, gare, etc.
In Italia si parla spesso di fruibilità dei beni culturali come veicolo di diffusione della cultura: i possessori delle automobili che hanno fatto la storia del motorismo italiano devono essere, ed in molti casi sono, non solo custodi per il futuro attenti e premurosi, ma hanno anche il non facile compito di promuovere e favorire la diffusione non solo della conoscenza di questi mezzi, bensì anche il fermento intellettuale e culturale che ne ha reso possibile la concezione.
Questo patrimonio di creatività, conoscenze e tradizione, unico al mondo, non sempre è adeguatamente considerato sotto il profilo culturale e troppo spesso si trova surclassato dal dato economico degli incanti, che molto spesso riflettono logiche di profitto e affari che poco o niente hanno a che vedere con la mission del custode di un bene culturale.
Qualche tempo fa un amico e sincero appassionato, mi ha parlato di una bella collezione in provincia di Modena, una bella addormentata per la quale il tempo è una variabile indipendente, esattamente come per l’aceto balsamico che di queste zone è uno dei più fieri e fedeli ambasciatori.
Arrivato al luogo convenuto per vedere e fotografare le auto, mi accoglie il custode nonché manutentore della collezione che con l’entusiasmo e il desiderio di condividere la meraviglia e la consapevolezza di queste automobili, inizia a mostrarmi i “gioielli” di casa.
Nella mia mente le tessere del mosaico cominciano a collocarsi al loro posto, vedo subito una mia vecchia fiamma che qualche mese fa intravidi per un attimo ad un raduno locale prima che si eclissasse in un vicolo. La Ferrari 365 GT 2+2 del 1969 era li davanti a me, acquattata come un felino e questa volta senza il timore che balzasse chissà dove. Il rombo è pieno e possente, il 12 cilindri ha voglia di sgranchirsi le ruote e la giornata è tersa e luminosa. La storia dell’auto è avvincente e gli aneddoti legati a questa vettura la rendono unica ed irripetibile come le altre della collezione, anch’esse impazienti di raccontare la loro storia.
A fianco alle 365 GT 2+2 è parcheggiata, perché le auto sono regolarmente utilizzate per raduni, manifestazioni o semplicemente per prendere un caffè al bar, una BMW 327 del 1939 requisita ad un gerarca nazista dall’Armata Rossa e portata a Mosca al termine del II conflitto mondiale. L’auto successivamente verrà portata in Finlandia dove gli attuali proprietari l’anno acquistata anni fa. Il 6 cilindri in linea di questa BMW gira pieno e regolare, ad ogni leggera accelerata la sinfonia si fa irresistibile. All’interno della vettura è ancora installato un orologio marcato CCCP sicuramente retaggio della permanenza in Russia.
L’Alfa Romeo 6C 2500 SS carrozzata Superleggera costruita nel 1953 è magnifica e sontuosa adagiata su quelle muscolose ruote da 17 pollici. Gli interni sono originali ed intonsi e il motore Alfa è pronto e scattante, dopo un mezzo giro di chiave non esita a cantare una delle sue più belle melodie.
E’ una collezione di regine del motorismo e non poteva certo mancare la leggendaria Bugatti, una T 57 Ventoux del 1938 nella tradizionale livrea nero/blu. L’ 8 cilindri in alluminio di 3300 cc con 135 cavalli è incredibile. Gli 8 cilindri in linea non sono motori semplici, le forze torsionali generate dal movimento rappresentano una sfida sia progettuale che per i materiali utilizzati, basti ricordare che la Rolls Royce Phantom IV (prodotta in appena 18 esemplari di cui solo 2 ancora in servizio) manifestò da subito alcuni significativi difetti funzionali che indussero ben presto la Casa di Crewe a lanciare la Phantom V con il più affidabile e performante V8.
L’ 8 cilindri Bugatti tuttavia è esaltante ed euforico; ad ogni accelerata racconta di quella Belle Epoque fatta di velocità, ardore e bellezza, quella bellezza a cui non si può chiedere nulla perché “regna per diritto divino”. Gli interni della Ventoux sono essenziali nella loro sublime e composta eleganza, gli strumenti sono disposti razionalmente per una lettura precisa e immediata. Il posto di guida invita a partire, anche solo sognando, verso la Parigi di Coco Chanel, la Roma di Giacomo Balla o la Londra di Edoardo VIII.
In quest’esemplare i nipoti di Ettore Bugatti hanno firmato la plancia quasi a sottolineare che una Bugatti è molto di più di un’automobile, è un membro della famiglia. Il custode di questa figlia dell’epoca futurista tradisce una profonda emozione quando racconta delle scalate per le vicine colline e montagne modenesi, quando in quarta basta un filo di gas per affrontare qualsiasi salita o quando descrive le giornate passate a curarla.
Questa stessa cura è riservata anche alla Ansaldo del 1924 e alla Alfa Romeo 1500 6C del 1928. L’Ansaldo è un quattro cilindri in linea perfettamente funzionante, con una fluidità di funzionamento anche a freddo da far invidia a tante youngtimer nostrane. L’Alfa Romeo del 1928 è da contemplazione, il restauro di Cagnolato ha restituito una vettura dove la cura del dettaglio, l’armonia della linea e la qualità costruttiva raccontano di tempi andati, dove la qualità, il pregio dei materiali, la tecnologia applicata alle auto erano motivo irrinunciabile di orgoglio sia per il gentlmen driver che per il costruttore. Del 6 cilindri 1500 cosa si può dire se non che rimarrà scalfito nella memoria come una delle sorprese più inaspettate, forse anche inimmaginate, fino a quel momento.
La valenza sociale connessa con la conservazione e promozione di questo patrimonio si concretizza anche nel mantenere i mezzi in perfetta efficienza: poter vedere l’automobile e sentirla in moto, con lo stesso motore di quando è uscita dalla fabbrica è come avere un piccolo specchio magico che mostri quel decennio straordinario tra il 1928 e il 1939 in cui il progresso, il tasso di innovazione e le idee furono così sensazionali da far impallidire tutto quello che è venuto nei 50 anni successivi.
Classe '76, Dottore di ricerca, libero professionista e Master Sommelier FIS, coltivo da sempre la passione del vino e delle auto d'epoca. In entrambi i settori concentro il mio interesse sulle produzioni italiane di eccellenza come strumenti di crescita economica e diffusione della nostra cultura nel mondo. Punti deboli? Le supercar '60 e '70 ed i grandi rossi dell'Etna!