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Rolls Royce Camargue: over the top

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Over the top. Questo deve aver pensato David Plastow quando nel 1971, da poco CEO della RRMC, in piena crisi finanziaria iniziò a pensare ad una nuova auto, non ad un semplice nuovo modello. Se inizialmente la Rolls Royce Camargue doveva sostituire la Corniche coupe, ben presto la casa di Crewe decise di mostrare al mondo di essere risorta più forte di prima e capace di realizzare la migliore e meglio costruita auto di sempre.

Rolls Royce Corniche CRH 50236

Plastow avvertiva che i tempi stavano cambiando, la fedeltà alla tradizione non garantiva più il minimo volume di vendite vitale alla sopravvivenza sul mercato; si doveva dare un segnale forte, creare un’auto che assommasse in sé l’imponenza e la sobria eleganza tipiche di una Rolls Royce con le linee sportive che oramai condizionavano il mercato della auto di lusso. Occorre quindi una scossa, un nuovo concetto di auto, l’incarnazione della più sofisticata esclusività conseguenza non solo del prezzo (che peraltro le assicurò il titolo di auto più costosa del mondo) ma anche del tempo necessario alla produzione: nove mesi.

Rolls Royce Camargue JRH 50627

La nuova auto, identificata internamente con la sigla “Delta”, doveva segnare un punto di evoluzione verso una nuova idea di lusso, che lasciasse sbalorditi anche gli acquirenti di una regular Silver Shadow. L’idea era semplice, creare un nuovo livello di esclusività per vendere il prodotto “di serie”; il marketing, in fin dei conti, alla Rolls Royce lo conoscevano bene e Plastow era il primo manager RR di formazione moderna. Dopo la presentazione della Camargue nel 1976, le vendite USA segnarono un +42% sul totale del 1975! Il motto dei dealers d’ oltreoceano per vendere le Silver Shadow è ” why spend 90.000 dollars for 2 doors when you can get 2 more for half the money“!

L’incarico di disegnare la nuova exotic non poteva che essere affidato al creatore dei più celebri sogni a quattro ruote, la fucina di capolavori più importante al mondo: Pininfarina.

La Rolls Royce già nel 1969 decide di coinvolgere Sergio Pininfarina nel progetto della nuova auto. Pininfarina non era certo nuovo a Crewe, aveva infatti aveva già disegnato nel 1968 una one-off Bentley T 1 per un cliente importante (Lord Hanson) e questo contribuì a rafforzare il prestigio del carrozziere italiano presso la Casa inglese.

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Paolo Martin è il designer incaricato di dare vita alle linee di questa nuova Rolls Royce; il mandato è chiaro, l’unico elemento irrinunciabile è il radiatore che deve rimanere fedele alla tradizione per il resto l’auto doveva assommare in sé l’idea di eccellenza, di meraviglia, di lusso inarrivabile, un auto destinata alla cerchia ristretta dei ricchi tra i ricchi.

Nel 1973 la linea è sostanzialmente definita. Molto banalmente qualcuno ha definito la Camargue come una 130 coupe con lo “Spirit of Ecstasy” al posto del badge Fiat. In effetti, quando a Paolo Martin arriva sulla scrivania il progetto Camargue a cui dare forma, aveva i disegni della Fiat 130 in via di ultimazione; li posiziona una a fianco all’altra ed in ciascuno declina con la sensibilità del designer, lo spirito del rispettivo marchio.

Le linee della Camargue rispondono a quello che erano le correnti dominanti del design automobilistico così come interpretato da Pininfarina, rendendo evidente l’errore concettuale di chi ritiene che la Camargue sia, sic et sempliciter, figlia dell’esperienza fatta con la 130 coupe. La Camargue è il risultato dello straordinario fermento stilistico che pervade il mondo delle auto di lusso  in quegli anni (anche lo Shah di Persia non resiste al fascino della nuova nata e ne ordina ben due lo stesso giorno, una per sé e l’altra come dono di compleanno per l’Imperatrice), un’auto dall’appeal dirompente, anche per i clienti abituali Rolls Royce.

Lunga oltre 5 metri, la carrozzeria nasceva in due tronconi che una volta terminati venivano saldati tra loro. L’assemblaggio dell’auto era ovviamente affidato ai maestri di Crewe, nessun dettaglio poteva essere lasciato al caso, l’auto migliore del mondo era in procinto di fissare nuovi standard d’eccellenza. Il pianale è quello della Silver Shadow e dal telaio serie 50000 in diviene quello della Silver Spirit.

Il motore è il collaudatissimo 6750 cc V8 di potenza non dichiarata, ma a detta della Casa “sufficiente”. Si è sempre vociferato che il propulsore della Camargue avesse più potenza rispetto alla già prestante Corniche che a sua volta è più briosa della Silver Shadow anche grazie ad un maggior rapporto di compressione (9:1 contro 7:1). Avendole guidate entrambe su lunghissime percorrenze, posso certamente dire che l’esperienza di guida della Camargue è incomparabile rispetto alle altre sorelle, non per il propulsore sempre pronto e generoso, piuttosto per la sensazione emozionale di dominio sulla strada.

Guidare la Camargue è come guidare un aereo, il disegno della plancia è di derivazione aeronautica, avveniristico se paragonato a quello delle altre auto di Crewe. Scompaiono le leve e levette a favore di interruttori circolari (maggiormente sicuri in caso di incidente), l’impianto di condizionamento interamente automatico e sdoppiato (collaudato alle temperature proibitive del Sahara e dei giacchi scandinavi) conta su una potenza refrigerante equivalente a trenta frigoriferi di casa, il confort di guida è assoluto, il silenzio ovattato, le sospensioni pneumatiche, il sibilo del motore V8, il lungo cofano con la sempre presente “mascotte” pronta per il volo, regalano al fortunato driver un esperienza coinvolgente ed indimenticabile.

Quando si accendono i fari, due piccoli led luminosi posizionati ai lati del cofano si illuminano per dare al conducente l’esatta idea della dimensione della vettura. Anche in questo la Camargue è spaziale.

Nove mesi per costruirla, tre giorni per verniciarla, un giorno per saldare gli elementi verticali del radiatore: sono cifre impressionanti che sottolineano come la qualità, o meglio l’eccellenza della qualità Rolls Royce non scende a compromessi con il tempo che è e rimane una variabile secondaria come la potenza del motore, quanto basta.


La Camargue oggetto di questo servizio è la 50627 prodotta nel 1981 su pianale Silver Spirit ordinata in Cobalt Blue venne riverniciata dalla stessa Rolls Royce nell’attuale Willow Gold per volere dell’acquirente, un armatore greco. Nel 1985 l’auto viene venduta a Roger Daltrey del gruppo inglese “The Who” e la sua targa diventa, forse per sottolineare una rivalità con il gruppo di Dublino, “WHO 2”. Roger Daltrey usa l’auto quotidianamente percorrendo oltre 60.000 miglia fino al 1991 quando viene venduta ad un collezionista che la parcheggerà nella propria immensa collezione regalandole questa volta la targa “TOMMY 2”. Nel 2008 acquisto l’auto da “Tommy” e rimarrà con me fino al 2012 quando a mia volta la passo di mano.

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Il lungo viaggio d’addio, io e lei soli, iniziato a Roma e finito a Lugano è un momento ricco di emozioni che trascendono il normale rapporto tra uomo e macchina e danno vita a una dimensione insolitamente mutualistica. Era giunto il momento dell’addio, non siamo mai proprietari di un’opera d’arte pulsante, la custodiamo. Tra tutte le mie auto, la Camargue è sicuramente quella che mi ha regalato le sensazioni più forti, l’ho fortissimamente voluta, l’ho contemplata nella sua statuaria indolenza, distaccata bellezza e l’ho lasciata andare.

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Complessivamente sono 534 le Camargue costruite, solo una con il badge Bentley e, non trascurabile, il motore della Mulsanne Turbo. Le ultime 12, tutte bianche con interni rossi e destinate al mercato americano  in segno di ringraziamento per il grande entusiasmo riservato ai modelli della Casa, sono il canto del cigno della Camargue che è e rimarrà sempre uno dei modelli più audaci e coraggiosi dell’intera produzione di Crewe.

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Classe '76, Dottore di ricerca, libero professionista e Master Sommelier FIS, coltivo da sempre la passione del vino e delle auto d'epoca. In entrambi i settori concentro il mio interesse sulle produzioni italiane di eccellenza come strumenti di crescita economica e diffusione della nostra cultura nel mondo. Punti deboli? Le supercar '60 e '70 ed i grandi rossi dell'Etna!

3 Comments

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    Paolo Marin

    11 Agosto, 2014 at 15:41

    Bellissima descrizione,non avrei fatto di meglio, Paolo Martin

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      Paolo Martin

      11 Agosto, 2014 at 15:44

      Bellissimo e esattissimo commento,non avrei potuto fare meglio

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    Manuel Bordini

    11 Agosto, 2014 at 22:43

    Grazie mille Paolo per il Suo commento, e’ il migliore e più autorevole riconoscimento alla mia riflessione dedicata a quest’ auto straordinaria ed ineguagliabile che non smetterà mai di stupire e emozionare